DSA: Emozioni e difficoltà di apprendimento
La riflessione riguardo l’influenza degli stati emotivi sull’apprendimento nasce dall’esperienza clinica svolta con bambini che sperimentano difficoltà scolastiche in alcune abilità specifiche, in seguito diagnosticati come “DSA” (Disturbo Specifico dell’Apprendimento).
Sappiamo che leggere, scrivere e fare i conti sono attività che maggiormente impegnano i bambini nei primi anni di scuola. Sembrano atti semplici e vengono spesso considerati automatici, perché possono essere eseguiti velocemente e correttamente con un impegno di concentrazione minimo. Ma quando questo non accade, il bambino inizia a compiere queste operazioni con dispendio di enormi quantità di energia, si stanca rapidamente e commette errori che non dipendono dalla sua volontà, né da un problema di intelligenza, ma da difficoltà specifiche legate a molteplici fattori.
I DSA, infatti, sono disturbi a carattere neurobiologico ed evolutivo, sono legati ad una diversa architettura cerebrale che presenta differenze a livello strutturale e funzionale, spesso associati a vissuti emotivi problematici.
Partendo dal presupposto che molte delle funzioni cognitive tra cui quelle attentive, la memoria, le capacità di elaborare informazioni incidono notevolmente sul delicato processo di apprendimento, e che tali funzioni siano integrate in complessi circuiti o network neuronali, che ruolo hanno invece le emozioni nei “corto-circuiti” dell’acquisizione? Ovvero quando l’apprendimento non avviene correttamente quali processi sono implicati? Che tipo di relazione c’è tra le emozioni e le cognizioni alla base del disturbo?
Negli ultimi decenni nel campo delle neuroscienze affettive, una mole vastissima di ricerche ha cercato di fornire una risposta a tali quesiti. Tutto questo è utile se si vogliono programmare interventi precoci e mirati rispetto alle reali problematicità dei bambini con DSA. Molti di questi, infatti, vengono semplicemente etichettati dal contesto, dalla scuola e dai genitori come svogliati o poco intelligenti, tale pregiudizio incide sulla formazione di alcuni aspetti della personalità del bambino, in particolare sulla sua autostima aspetto emotivo che influenza negativamente lo sviluppo, l’adattamento e la maturazione cerebrale che si completa intorno ai 20 anni.
Il presupposto fondamentale è che in tutte le attività cerebrali sono coinvolte le emozioni quindi di fondamentale importanza anche nei processi di elaborazione, memorizzazione, lettura, scrittura e calcolo. Infatti, ciò che durante l’apprendimento i bambini sperimentano come emozione viene immagazzinato in memoria insieme a tutte le informazioni che stanno acquisendo. In altre parole, nella rievocazione richiamano tutto quello che è stato messo in memoria, compreso le emozioni. Quindi le strategie, le informazioni insieme al vissuto emotivo. Se tali emozioni sono negative indeboliscono i processi cognitivi.
Da qui, l’importanza di intervenire in maniera adeguata attraverso la rete famiglia-scuola-psicologo e di accompagnare l’apprendimento con emozioni positive: la curiosità, l’allegria, il piacere di scoprire elementi nuovi.